giovedì 16 gennaio 2014

Botticelli e l'arte concettuale

Quando sento parlare di arte concettuale mi viene alla mente, spontaneo, il nome di Sandro Botticelli, uno dei primi, se non il primo artista concettuale ante litteram. Il '400 e relativo Rinascimento è una fonte inesauribile di indagini, scoperte, attribuzioni, interpretazioni, analisi critiche e storiche di ogni tipo. Un groviglio in cui non ho intenzione di addentrarmi, materia per storici dell'arte. Solo qualche considerazione da condividere su questo grande pittore per dire quanto diversa sia oggi l'idea di concettualità nell'arte contemporanea.


S. Botticelli - Adorazione dei Magi 1481-82 ( fonte: Web gallery of art)

    In effetti nella pittura di Botticelli la componente concettuale prevale su tutto. La natura non sembra interessarlo granché se non per trarne delle forme da idealizzare per giungere a un ipotetico concetto di 'Bellezza' secondo la dottrina neoplatonica dominante negli ambienti colti di Firenze, soprattutto alla corte medicea.
  La pittura di Sandro Filipepi (questo era il vero nome), classe 1445, iniziata nella bottega del Verrocchio, pur avendo dominato a lungo a Firenze, specialmente dopo la partenza di Leonardo, non poteva avere alcun futuro. Il declino di Botticelli presso i suoi contemporanei non è dovuto, però, a una perdita di qualità della sua pittura ma a una precisa scelta artistica in contrasto con la tendenza moderna che avrebbe portato alla grande pittura del cinquecento: l'arte come ricerca del bello nella perfezione della natura in quanto riflesso della perfezione divina. Per Botticelli, invece, esiste solo l'immagine ideale della natura, l'interpretazione che l'artista ne dà attraverso la sua sensibilità e la sua cultura. Quindi la sua pittura è soggettiva e intellettuale, non c'è spazio per il mondo reale in senso fisico.
  Dunque mentre Antonello, ad esempio, creava spazi con una prospettiva rigorosa, Botticelli la negava; Leonardo cercava di esprimere volumi sfumati, fusi con lo spazio circostante, Botticelli dipingeva figure senza corpo, fatte di linee e di luce, non c'era bisogno di spazio. Solo luce, linea e colore. Insomma una grande distanza dal razionalismo del suo poco più giovane amico e dai futuri Raffaello e Michelangelo con il quale fu pure in contatto.

S. Botticelli - Ritratto di ragazza 1480-85 (fonte:Web gallery of art)
  Forse l'influenza delle predicazioni del Savonarola nella seconda parte della vita di Botticelli è stata sopravvalutata soprattutto da G. Vasari, anche se ha lasciato indubbiamente delle tracce piuttosto forti nella sua opera più tarda, di carattere più cupo e impregnata di moralismo religioso. Questo, a grandi linee, il quadro in cui nacquero quei capolavori che tutti conosciamo e che per secoli tanto hanno incantato gli appassionati d'arte. Con solo luce, linea e colore, dunque, Botticelli ha costruito il suo mondo ideale, le sue allegorie classicheggianti. Non ha rappresentato il mondo naturale, la realtà ma la poesia che la sua visione estetica gli suggeriva. Tutto ciò che trattava veniva smaterializzato, ridotto a pura immagine fatta di luce e linee indefinite e ondulate. Per dirla con G. C. Argan, per Botticelli

   "Il bello ideale è...ciò che rimane della storia dopo che ha perduto ogni valore di ammaestramento. Dunque è un valore negativo, il valore della sembianza alla quale non corrisponde più una sostanza o un contenuto: è, in senso proprio, 'vanità'..."

  Per ottenere tutto questo Botticelli ha inventato quel suo stile arioso, leggero, fluttuante, sempre mosso, sinuoso, elegante ma soprattutto immortale. Che i suoi quadri siano pittura di idea lo si vede guardando attentamente i soggetti...

S. Botticelli - La Primavera (part. le Grazie) 1478 ( fonte: Web gallery of art)




  Basta soffermarsi brevemente su alcuni dettagli che saltano agli occhi ad una osservazione che vada oltre la semplice e comprensibile contemplazione della bellezza. Le immagini sono costruite attraverso una linearità che non definisce oggetti o corpi ma solo zone di luce e colore, i gesti non generano movimento ma ne suggeriscono solo l'idea, come nelle Grazie della "Primavera" dove le tre fanciulle hanno solo la posa della danza ma non i movimenti. I gesti sono una costruzione armoniosa fatta di fasci di linee ondulanti e vorticose delle vesti che modellano e rivelano i corpi fluendo verso l'alto fino ad esaurirsi nelle due mani unite. Il resto del quadro segue la stessa logica nella rappresentazione dell'allegoria che come tutta la pittura di Botticelli non è mai narrativa in senso stretto, non potrebbe esserlo visto il suo programma estetico.


S. Botticelli - La nascita di Venere 1485 (fonte: Web gallery of art)       

  Per rimanere nei quadri famosi, anche "La nascita di Venere" illustra molto bene questo modo di esprimersi per concetti. Anche qui Botticelli non racconta nulla, del resto il mito è conosciuto, espone solo il suo concetto di bellezza ideale coincidente con la bellezza morale allo stato nascente. Pura immagine, pura poesia e per questo sublime. Se tentassimo di tradurla in prosa otterremmo un risultato a dir poco ridicolo. Già è poco credibile che una, per quanto Dea, appena nata dalla schiuma del mare, non abbia addosso una sola goccia d'acqua e abbia i capelli asciutti, ben acconciati e svolazzanti. Aggiungiamo che sta a galla su un mare del tutto simbolico che più finto non si può, a bordo di una enorme mezza capasanta che viene spinta da due volonterosi venti che soffiano a più non posso, verso una fanciulla che l'attende con un drappo per coprirla, evidentemente già informata dell'avvenimento. Risibile.

La nascita di Venere - part.

  È chiaro quindi che la chiave di lettura è tutta intellettuale, fatta di pure forme e simboli, insomma concettuale. Questi due esempi famosi sono emblematici di tutta la pittura di Botticelli, sia religiosa che profana e forse per questo non è simpatico proprio a tutti. Però bisogna riconoscere che ha saputo dare una forma originale e perfettamente aderente alle sue idee tanto da rendere accessibile la sua pittura a diversi livelli di comprensione, dal più elementare al più intellettualmente elevato, ciò che la rende universale.
  Tornando al concettuale moderno e facendo le dovute differenze storiche e culturali, la semplificazione selvaggia di un pensiero a volte anche grossolano e un eccesso di fiducia nel potere evocativo e stimolante di quei mezzi che dovrebbero veicolarlo, anch'essi spesso rozzi e approssimativi, rendono questo tipo di arte tutt'altro che sublime e indimenticabile, qualità a cui, per altro, dichiaratamente non aspira. Il potenziale intellettuale non manca di certo ma si pratica il culto dell'estemporaneità e dell'effimero, arte da consumare subito. Sarebbe scontato adesso dire "del doman non c'è certezza" ma non mischiamo troppo le idee.
  In poche righe non si possono esaurire temi così complessi, solo pochi cenni, un pretesto per stimolare qualche riflessione sull'arte moderna e su un grande artista come Sandro Botticelli, fine intellettuale e ispiratore anche di artisti moderni. Con lui si chiudeva la stagione idealistica del Rinascimento, aveva raggiunto le vette più alte e solitarie, mentre l'arte già si avviava a grandi passi verso nuove, grandi avventure.