domenica 22 settembre 2013

Solo luci al Guggenheim Museum

 Ho letto una recensione su "Repubblica" riguardante l'allestimento realizzato al Guggenheim Museum di New York da James Turrell famoso, dicono, per l'uso magistrale della luce. Più che un allestimento si direbbe una colossale scenografia, vuota, dove la scena è lo stesso museo.                    
 Protagonista, appunto, la luce. Ma dov'è l'arte? A quanto pare se lo sono chiesto in molti visto che qualcuno parla di operazione mediatica ben orchestrata per attirare il pubblico e, sembra, riuscitissima. Non essendoci nulla su cui dare un'eventuale opinione l'unica differenza tra l'essere presenti o no sta nelle sensazioni che ricevono i visitatori che si sottopongono a quei giochi di luci. Molto divertente sembra.
 Già da tutto questo si intuisce la megalomania dell'autore alla quale si accompagna altrettanta presunzione (dice che la sua luce è la rivelazione, ma sono convinto che non ci creda neanche lui, tutta scena appunto). Ha scoperto che il grande vuoto su di noi dà un senso di oppressione. Ma lasciando da parte gli atteggiamenti mistici che fanno tanto personaggio, la partecipazione dei visitatori sta nel provare quelle sensazioni sdraiandosi su dei materassini a contemplare il vuoto colorato sovrastante. Grande fantasmagoria di luci poi nulla. Più o meno simili giochi di luci nelle altre sale, ma l'arte dov'è?
 Tutto questo mi ricorda quando, da ragazzini, giocando sui prati o in terrazza, alla fine per riposarsi ci si metteva distesi a faccia in su a guardare il cielo pieno di nuvole vaganti o di stelle luccicanti in quell'immensità nera della notte. Dopo un po' si aveva quella stessa sensazione straniante, quel senso di oppressione che ti fa sentire piccolo piccolo, quello smarrimento vertiginoso che genera ansia e ti fa voltare la testa in cerca di quei riferimenti terrestri così rassicuranti. Insomma quel misto di realtà e illusione a cui vuole alludere Turrell.
 Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo fatto e facciamo questo genere di esperienza nella maniera più naturale possibile senza andare al Guggenheim Museum ma soprattutto senza che nessuno abbia mai pensato di chiamarla arte.
 A proposito, al Guggenheim l'arte c'è: è quella di Frank Lloyd Wright, il grande architetto che lo ha costruito.

giovedì 12 settembre 2013

Un nuovo quadro di Van Gogh


Si è parlato molto della scoperta o riscoperta del quadro di Van Gogh "Tramonto a Montmajour". Sulla sua autenticità non posso dire nulla avendolo visto solo in fotografia, mi fido degli esperti di turno benché alcuni aspetti non siano del tutto chiari: la tela, i materiali, i colori e la tecnica, tutto sembra combaciare con lo stile del grande Vincent. Anche la provenienza è indubbia. Tuttavia non si capisce come mai vent'anni fa era falso e adesso è autentico. Qui si potrebbe aprire una disputa su chi garantisce cosa e chi garantisce quelli che garantiscono. Fanno eccezione le certezze documentate (come in questo caso, pare) per il resto troppe certificazioni sono nelle mani di pochi "esperti". Comunque sia le nuove tecnologie giustificano relativamente questo nuovo cambio d'attribuzione e non bisogna dimenticare che l'uso non proprio razionale dei materiali da parte dell'artista ha provocato non poche alterazioni nei suoi quadri. Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che le pareti del famoso quadro "la stanza da letto" erano in origine viola, ora azzurre, essendo scolorita la componente rossa. Il quadro appena riscoperto è dello stesso periodo, il 1888, quando Van Gogh si trovava ad Arles. In quell'anno sono nati parecchi capolavori come i "girasoli","Notte stellata sul Rodano", "La pianura della Crau" e tanti altri, ma il "nostro" non è dello stesso livello, non regge il confronto. Cromaticamente è debole, confuso, la composizione incerta e la tecnica non ancora risolta. Pare che Van Gogh stesso non ne fosse soddisfatto se è di questo quadro che parla in una sua lettera (non è certo). D'altra parte è anche vero che nella produzione di Van Gogh ci sono quadri anche più brutti. In ogni caso è certo che quest'opera non aggiunge nulla al profilo artistico di Van Gogh ma è altrettanto certo che aggiungerà molti soldi al conto in banca del proprietario, beato lui.


http://www.webalice.it/linomaj

lunedì 2 settembre 2013

Presentazione

  Qui vorrei parlare d'arte e altre cose, ma non di critica d'arte, di critici ce ne sono già abbastanza. Solo quattro chiacchiere senza pretese, in maniera informale per schiarirci le idee: tanto per dire, appunto.

 Ci hanno abituato a pensare che ormai tutto può diventare arte, basta volerlo, anzi basta enunciarlo e miracolosamente un sasso, un chiodo, uno straccio acquista il nobile status di oggetto d'arte.      
 Potenza dell'arte concettuale contemporanea in cui conta solo ciò che si pensa. Che piaccia o no questo è l'andazzo di quest'epoca sciagurata che vuole dimostrare la supremazia dell'intelletto su tutto e lo fa nella maniera più eccentrica, bizzarra e iperbolica.                                                                  
 È il tempo degli eccessi, se devi fare qualcosa falla estrema, esagera e sarai apprezzato. La stravaganza diventa originalità, la provocazione una pratica ordinaria, abituale finalizzata ad attirare l'attenzione su di sé e che non scandalizza più nessuno.
 È vero che l'arte non rappresenta la società ma le sue aspirazioni, i suoi ideali se ne ha e anche le sue paure e le sue insicurezze. Ognuno la esprime nel modo che ritiene più opportuno. Ma la cosa più irritante dei critici e ideologi di certa presunta arte contemporanea è che con le loro elucubrazioni tanto erudite e cervellotiche quanto oscure ed evanescenti ti insinuano il dubbio che loro hanno capito tutto e tu niente (anche perché il più delle volte niente c'è da capire), sicché per non fare brutta figura concordi quasi sempre con loro rischiando di ritrovarti spesso a comprendere e apprezzare l'infinito là dove nulla c'è.