C. Baeudelaire |
Ogni epoca ha avuto la sua idea di immaginazione in base alla cultura del tempo, influendo, poi, nella sua arte. C'è stato anche chi ne ha fatto una via di fuga dalla realtà e chi l'avrebbe voluta al potere rimanendo, per fortuna, inascoltato. I sogni, i desideri, le speranze, le paure sono forme diverse di immaginazione. Perfino i ricordi, soprattutto se remoti, hanno una componente di immaginazione via via più grande quanto più si allontanano nel tempo. Infatti l'immaginazione spesso integra quelle parti più o meno piccole che il tempo inevitabilmente cancella, rendendo i ricordi più belli o più brutti e questo per un artista è molto importante. È il colore della vita.
Tutta l'arte di ogni epoca è stata sempre un connubio più o meno felice di sapienza, emozione, intelligenza e, soprattutto, immaginazione, in tutte le sue componenti come l'ispirazione, l'intuizione, la fantasia. L'arte tocca le sue vette più alte quando l'immaginazione è più fervida, più libera da schemi precostituiti e da pregiudizi morali lasciando gli artisti liberi di esprimersi al meglio delle loro possibilità. Al contrario, quando l'immaginazione viene inibita, mortificata, repressa per ragioni religiose, morali o pseudo intellettuali allora l'arte che ne scaturisce non può che essere piatta e monotona o frivola e superficiale o non essere affatto arte. La storia è piena di esempi di questo tipo, periodi di grande arte come il Rinascimento o il Barocco, solo per citarne alcuni, veri e propri trionfi dell'immaginazione, alternati ad altrettanti periodi di arte quanto meno disimpegnata e formale come certo tardo Manierismo, affidata alla fantasia più sregolata o come nel decorativismo esasperato del Rococò. Non per niente lo stesso Beaudelaire ebbe a definire la fantasia da sola "dannosa come ogni libertà assoluta". Qui, per complessi motivi storico-sociali nonché religiosi, l'immaginazione ha avuto la peggio e l'arte si è in molti casi inaridita. Meglio di tante parole bastano due esempi per evidenziare le differenze: La quattrocentesca Nascita di Venere di S. Botticelli, in cui l'immaginazione riesce a esprimere in una scena un mito, un modello estetico e un ideale morale.
E lo stesso soggetto, dipinto nel settecento, di F. Boucher: bellezza fine ma superficiale, voluttuosa, pura decorazione.
Ora, per venire ai giorni nostri, tutto si può dire tranne che ci sia carenza di immagini, anzi ne siamo soffocati, vista la facilità con cui si possono produrre e diffondere. Che bisogno c'è, quindi, dell'immaginazione che è troppo lenta e impegnativa? Basta avere un po' di fantasia, più facile e sbrigativa e le nostre necessità creative saranno soddisfatte. Ma è sufficiente guardarsi un po' intorno per rendersi conto che non è proprio così. L'inflazione di immagini, si sa, porta alla banalizzazione delle stesse e di conseguenza alla ricerca di originalità sempre più spericolata. Si cerca di colpire l'attenzione con clamori, provocazioni e altro nella speranza o certezza di un po' di visibilità. Però con la sola fantasia non si ottiene altro che stravaganza e bizzarria. L'originalità è solo di quelli che sanno utilizzare l'immaginazione al meglio delle loro capacità.
Occorre originalità per creare realtà diverse, nuove prospettive, punti di vista non comuni, per dare un aspetto più comprensibile ai nostri tempi già così confusi, contraddittori, dalle molte facce ma dall'identità incerta e sfuggente. Catturare quegli istanti particolari che riscattino una banale quotidianità, che diano un senso alle cose e una forma alle idee, che trasformino l'ordinario in straordinario e che suscitino emozioni e desideri di conoscenza, fuori da troppe, facili e comode ambiguità. Guardare attentamente fra le pieghe delle cose o dei gesti, per tentare di carpire, al di là delle apparenze, un briciolo dell'essenza di quel mondo che scorre e vive fuori e dentro di noi. E questo è più difficile che manipolare immagini magari paradossali, di forte impatto e di facile presa su un pubblico che spesso (non sempre per fortuna), non chiede che di essere stupito sempre di più, forse per superare la monotona alienazione della vita quotidiana.
Dunque meno speculazione nell'arte e più invenzione, più emozione, più immaginazione... O forse non ne abbiamo più voglia?