Saggio non è nessuno
che non conosca il buio
che lieve ed implacabile
lo separa da tutti.
Strano, vagare nella nebbia!
Vivere è solitudine.
Nessun essere conosce l'altro
ognuno è solo.
H. Hesse
L’aria è ancora
frizzante, in un primo pomeriggio di fine inverno, anche se il sole
comincia a scaldare, sotto un cielo azzurro intenso con una leggera
voglia di turchese come solo al sud si vede, in certe ore. Il
silenzio sembra più largo e profondo, appena interrotto da qualche
leggero, lontano rumore ovattato che amplifica le distanze.
L’atmosfera è
di quelle che inducono un po’ al torpore, un po’ alla
riflessione. A volte ne viene fuori una sorta di più o meno lucida astrazione in
cui la realtà trasfigurata acquista un altro aspetto, un altro peso,
forse anche un altro valore.
I pensieri si spogliano per un momento
dei veli della quotidianità. Tutto viene filtrato da quel silenzio
liberatorio. Si scoprono dettagli prima trascurati o ignorati, si
esplorano sentieri mai percorsi, si trovano chiavi di lettura mai
immaginate, normalmente.
È un’atmosfera
in cui magari si (ri)affacciano problemi ai quali non hai mai trovato
una soluzione, (ri)emergono temi non affrontati, col pretesto che non
avevi tempo… e ora che ce l’hai? E con la stessa leggerezza
divaghi da un tema all’altro, ipotesi e soluzioni si rincorrono e
si accavallano.
E intanto quelle
figure stanno lì, ferme nel loro cammino, non sanno dove vanno,
cercano quanto meno un percorso. Eppure ce le ho messe io su quella
tela. Sono ancora incompiute nella fattura e nel senso, la meta non
si vede e non si sa nemmeno quale sia, sempre che ci sia.
Tutto è
abbozzato, in attesa che un filo logico o una qualunque motivazione
emerga da quel crogiolo di ambiguità, di ignoto, di incertezze da
cui esse si sono materializzate. Personaggi in cerca di destinazione,
si potrebbe dire, parafrasando altri ben più importanti
“Personaggi”.
Ma a volte l’arte ha delle ragioni tutte sue che
sfuggono alla comune comprensione per cui non c’è da sorprendersi
se nemmeno io, al momento, so districarmi da questo groviglio...certo
è che non deve essere piacevole, per loro, ritrovarsi in un non luogo, insieme
ad altri sconosciuti altrettanto indefiniti, involontari e
indifferenti compagni di viaggio, sperando nell'intervento di
qualcuno o qualcosa che li “risolva”. Un'incompiutezza che si
spera temporanea ma che rischia di divenire lo stato definitivo di
un'esistenza.
Chi, almeno una volta, non si è sentito magari
appagato nel particolare quotidiano ma irrisolto e insoddisfatto
nella (e della) vita, nel suo complesso?
Forse dipende anche da
momenti così, banale routine giornaliera interrotta
improvvisamente causa sospensione lavori, per mancanza di
prospettiva! O forse è il contrario. Certo è che il 'non finito'
della vita non è proprio affascinante come il 'non finito' dell'arte
il quale suggerisce, evoca più che affermare, permette di cogliere
l'essenziale, tralasciando il resto. No, quello è frustrante, genera
conflitti tra aspirazioni mancate e rimpianti inutili, tra desideri
di rivalsa e rassegnazioni. E senza altri stimoli o nuove motivazioni
rischi di perdere quel minimo di personalità faticosamente costruita
o di non trovarne mai una, di ricadere o, peggio, di rimanere in
quell’anonimato che si vive senza infamia e senza lode, come suole
dirsi, basta seguire la corrente.
D'altra parte la mediocrità è più
rassicurante e meno dispendiosa. E soprattutto non richiede
particolare coraggio.
Ma basta divagare,
occorre aprire un varco in questo immobilismo sonnolento e lasciare
che l’immaginazione segua il suo corso.
Avrei potuto porli
in discesa per agevolargli almeno il cammino - ma no, non si ottiene
nulla senza qualche impegno! E poi nell’immaginario figurato per
migliorare si sale, non si scende.
Prima di fermarsi arrancavano in
maniera chi inconsapevole, chi indifferente, chi timoroso. Tutti
chiusi, però, un po’ diffidenti. Ma si sa, quasi mai tante
solitudini fanno una compagnia. E dire che ognuno di loro sembra che
abbia una vita “altrove”, una vita quotidiana che in apparenza
vive serenamente, fatta di studio, lavoro, affetti, passioni, contraddizioni,
progetti, insomma 'normale'.
Però si trova anche qui… Avrebbe
tante cose da fare, magari si era organizzata la giornata, prima che
io lo strappassi alla sua convenzionale esistenza giornaliera. Qui ci
si trova soli, senza appigli, a volte senza abbastanza speranze per
andare avanti e senza nemmeno nostalgie e rimpianti per tornare
indietro.
La vita ti pone delle questioni quando meno te lo aspetti e
soprattutto quando non hai le risposte pronte, non ancora, almeno.
Allora devi improvvisare.
Ti sembra di vivere in una dimensione
particolare, una realtà altra, altro clima, oggi diremmo quasi un “mondo
distopico” ma naturale e altrettanto o perfino più reale, forse
anche un po’ sgradevole e che mette a disagio. Ogni gesto, ogni
scelta si riflette dall’una all’altra. Quelli che sembrano il
vero e il verosimile si toccano, si fondono, si scambiano i ruoli,
non c’è più differenza.
A volte non
abbiamo il pieno controllo dei nostri pensieri, riusciamo solo a
inseguirli un po’ nei loro volteggi vorticosi, magari strappando
loro qualche frammento illusorio, tuttavia senza mai riuscire ad
afferrarli del tutto. Quelli non hanno regole; o ti adegui o lasci
perdere.
Ma si va avanti,
il momento sembra propizio, l’umore un po' meno, però, in questo
strano limbo laico dove tutto sembra possibile, tranne il probabile
che avrebbe uno spiccato sapore di banalità a cui molti vorrebbero
sottrarsi. Sembra di galleggiare in una languida impotenza mentre
cerchi di scorgere qualche indizio rivelatore. Bisogna pur trovare la
chiave per uscire da questa “impasse” creativa.
Intanto il tempo,
quello “vero” (ma sarà veramente vero...?!) trascorre inesorabile,
le ombre si allungano e devo tentare qualcosa.
Provo a ravvivare
l’ambiente pensando di lavorare un po' sui toni e
sull’individualità delle figure, diversificando i tipi, nel
tentativo di risvegliare un po’ di lucidità e schiarire qualche
idea, poiché al momento perfino i sassi sembrano avere più presenza
di tutto il resto che, neanche esso, brilla per vitalità. Eppure
sotto questo velo di nebulosa e informe intuizione sembra di
intravedere qualche segno, troppo vago, però, per azzardare anche
solo un'interpretazione.
Cerco più in fondo ma è tutto così
sfuggente, ambiguo.
È difficile
mettere a fuoco le idee quando non hai la percezione nitida e non sai
a quale realtà esse appartengono. La tela assume i toni e i colori a
seconda dei punti di vista che di volta in volta si alternano e
passano senza lasciare traccia. Le possibili verità o presunte tali
si susseguono, si intrecciano inafferrabili ma nessuna riesce a dare
un “peso”, un "segno" alle cose.
Visto che il
panorama generale non aiuta e non determina nulla, provo a entrare
nell'ottica delle figure. Ma ancora non c'è spessore neppure lì. Il
qualunque fa il paio con l'inutile: a
questo punto uno vale l’altro. Un'aria arrendevole che non porta da
nessuna parte. Infatti.
Sembrano quasi le loro ombre le quali
aspirano a qualche consistenza che non riescono a trovare o che
nessuno dà loro. Intorno un variegato nulla su cui i pensieri e gli
occhi vagano per qualche istante senza ragione.
I punti di riferimento su cui si costruisce una composizione sono
facilmente determinabili, non altrettanto quelli sui quali si fonda
il suo senso e quello dei suoi elementi in particolare. Non è detto
che nascano sempre insieme contemporaneamente, anche se in questo
caso qualche traccia sembra esserci.
Dapprima un'idea sembra buona, promette interessanti sviluppi, poi
quando meno te l'aspetti, prende una piega tutta sua con cui fare i
conti per poter proseguire. Cerca un suo come e un suo perché
e tu devi assecondarla se vuoi venirne a capo.
Mi arrampico su per vedere se può esserci qualcosa oltre quel muro
e alberi che possa giustificare quella salita, nella speranza di
liberare quei poveri malcapitati. Oltre quel limite potrebbe non esserci nulla perché nulla ci ho
messo o nulla ho suggerito o lasciato sottintendere. O forse c’è qualcosa che
ancora non vedo. Ma forse non lo saprò mai…
Una lama di luce solare si affaccia nelle vicinanze della stanza per pochi
minuti riverberando qualche bagliore prima di proseguire il suo
cammino. È un banale dettaglio insignificante ma in un frangente
delicato e particolarmente sensibile come questo è sufficiente per
avviare un repentino e imprevedibile mutamento.
Così si interrompe
quel peregrinare semi fantastico, l’atmosfera si fa più dorata,
l’aria più rarefatta, tutto sembra più chiaro, gli spazi si
addensano, in questo nuovo livello in cui si è ora. Le ambiguità si
diradano, l’ebbrezza del silenzio rende l’immaginazione più
vivace, più reattiva e meno confusa, tutto ora è più credibile e
possibile.
Qualcosa
è avvenuto, anche la scena sulla tela assume un aspetto più
convincente, nella sua realtà forzata che adesso non è altro che
un’estensione o, se preferite, un rivolto dell’altra realtà. Lì,
ora, le cose cominciano a prendere quella consistenza che prima non
avevano, evidentemente è cambiata l'ottica sotto la quale tutto
appare diverso. La composizione può trovare ora una sua logica,
qualunque essa sia; e con nuova lucidità (si fa per dire...) posso
finalmente rianimare
quel gruppo, rendere a ognuno la
sua vita, il suo spazio e i
suoi tempi. Tutto prende
forma in maniera naturale, come se l’avesse sempre avuta e poi…
Ma già il vociare e i rumori della strada irrompono ad annunciare
che è svanita l’atmosfera ovattata che avvolgeva tutto, finito il
viaggio immaginario ma non troppo in quel mondo di lato sempre
presente a chi aspira ad esplorare il meno ovvio, nella speranza di
cogliere qualche briciola di “altro”.
Ormai l'incanto è spezzato, si torna all'ordinarietà, a quelle
figure che stanno ancora lì ma ora sembrano avere un senso e sono
libere di svolgere il loro ruolo.
Continueranno il cammino ognuno a
suo modo, in solitudine, magari con nuove speranze o vecchie certezze ma sicuramente ignare
del contrattempo vissuto, vittime inconsapevoli di un altrui momentaneo,
straniante smarrimento in un tiepido pomeriggio di fine inverno.
Attraversando il giardino - studio |
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